[:it]Fisco: controlli sui versamenti o sui prelievi?[:]

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Ecco come l’Agenzia delle Entrate controlla i nostri conti correnti

L’Agenzia delle Entrate veste sempre di più i panni del “Grande Fratello”, spiando ogni movimento finanziario sospetto. Ma quali controlli esercita sul nostro conto corrente? Ecco le regole per lavoratori dipendenti, disoccupati, professionisti e imprenditori.

I tempi del “segreto bancario” sono finiti. Nell’intento di combattere l’evasione, l’Agenzia delle Entrate ha un valido alleato: l’Anagrafe dei conti correnti. Si tratta di uno strumento di controllo informatico; una sorta di registro che le banche e gli altri operatori finanziari sono tenuti ad aggiornare periodicamente con i dati dei propri clienti: il numero di conto corrente, i saldi di rapporto, conteggiati in saldo iniziale e saldo finale, e la lista movimenti.
La disponibilità di questo archivio permette all’Agenzia delle Entrate di passare ai raggi x non solo versamenti e prelievi ma anche saldi, giacenze, cambi di valuta e di assegni, nonché i passaggi fisici di denaro e metalli preziosi.
C’è però una buona notizia: non si tratta di controlli a tappeto. Anche l’Agenzia delle Entrate è tenuta al rispetto di normative che circoscrivono il suo raggio di azione e che indicano con esattezza quali contribuenti e quali attività possono essere accertate. In particolare la Legge consente accertamenti sui prelievi o sui versamenti a seconda che si tratti di dipendenti, disoccupati, professionisti, imprenditori.

DISOCCUPATI E LAVORATORI DIPENDENTI
I controlli sul conto corrente possono riguardare solo i versamenti in contanti e i bonifici bancari. Se il contribuente versa sul proprio conto una somma di denaro dovrà provare, fino a cinque anni dopo, qual è la ragione della disponibilità di tale denaro. Se un disoccupato o un lavoratore dipendente riceve un bonifico da un estraneo o da un parente alla lontana non convivente, dovrà essere in grado di documentare la ragione e la fonte di quel pagamento e se, dietro a quel bonifico, ci sia semplicemente una donazione o un reddito esente. Discorso diverso per i bonifici ricevuti da familiari stretti o conviventi: non devono essere giustificati poiché si presume che rientrino nelle normali liberalità tra consanguinei.
Nessun controllo può essere effettuato sui prelievi di soldi effettuati allo sportello o al bancomat. Il contribuente è libero di prelevare, trasferire una parte dei risparmi sul conto del coniuge, e anche di chiudere il conto ritirandone il contenuto in contanti.

PROFESSIONISTI
L’idea secondo cui i professionisti siano liberi da controlli su prelievi e versamenti di contanti e sottoposti solo a controlli sui bonifici ricevuti, è stata ribaltata da una recente sentenza della Corte di Cassazione, che ha finito per equiparare i professionisti ai lavoratori dipendenti. Anche il professionista, quindi, può essere sottoposto a chiarimenti da parte del Fisco su versamenti di contanti e su bonifici bancari. Il contribuente deve poter dimostrare l’origine delle somme versate dato che, qualora non trovino riscontro nella dichiarazione dei redditi o nelle fatture emesse, l’Agenzia delle Entrate può presumere che si tratti di somme frutto di evasione.
Nessun controllo, invece, sui prelievi. L’Agenzia delle Entrate non può chiedere ragione dei prelievi dal conto di un professionista né quale sia lo scopo o il destinatario della somma prelevata. È la stessa Corte Costituzionale a esprimersi in favore di categorie come medici, avvocati, ingegneri: secondo il principio di ragionevolezza e di capacità contributiva, è «arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati a un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito».

IMPRENDITORI
Controlli molto più ampi per gli imprenditori. Anche verso questi ultimi può essere esercitato il controllo sui versamenti di contanti e sui bonifici ricevuti. Ma non è tutto: i prelievi di denaro effettuati dagli imprenditori devono avere conferma nella loro contabilità analitica. Tuttavia, c’è un range minimo di tolleranza: non scatta la denuncia per evasione se le cifre prelevate sono inferiori a 1000 euro in un giorno e a 5000 euro in un mese. Superati questi tetti, il Fisco può presumere che dietro ai prelievi si nascondano operazioni di investimento non dichiarate e, pertanto, può eseguire un accertamento fiscale con tassazione dei soldi prelevati dal conto.[:]