[:it]Rapporto Istat: la rete fa la forza[:]
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Le relazioni sociali e di impresa aumentano il benessere individuale e consolidano la crescita economica
Presentato a Palazzo Montecitorio il Rapporto Annuale Istat. In un’Italia che invecchia e stenta a crescere, i legami sociali e di impresa sono il nostro valore aggiunto
Nel suo ultimo rapporto annuale, l’Isat ha voluto rappresentare la realtà italiana usando una nuova chiave di lettura: le reti. Mettendo al centro le relazioni sociali e di impresa, l’Istituto di ricerca ha individuato numerosi punti di debolezza dell’Italia: povertà in crescita, avanzamento dell’età media, calo delle nascite, aumento dei giovani in fuga all’estero.
L’analisi delle reti ha messo in evidenza anche i punti di forza del nostro Paese: il prodotto interno lordo è cresciuto dell’1, 5%, la criminalità predatori si è ridotta, è aumentata l’occupazione. Questa la conclusione a cui è giunto il presidente Istat, Giorgio Alleva: “l’appartenenza a un sistema di reti e di relazioni sociali, lavorative, culturali può dare prospettive innovative e positive alla società italiana“.
Ma analizziamo più da vicino il ruolo delle reti in Italia oggi.
Reti sociali
Il 78,7% degli italiani dichiara di poter fare affidamento almeno su un parente, un amico o un vicino. Tra le persone che rappresentano un sostegno, sono gli amici la categoria più indicata: 62,2% dei casi; seguita dai vicini: 51,4% e dai parenti: 45,8%. Il sostegno è anche di tipo economico: “il 44,7% degli individui dichiara di avere almeno una persona non coabitante su cui contare in caso di bisogno urgente di denaro”.
Interessante è l’impatto sul benessere individuale che deriva dal poter contare su una rete sociale: il 43,2% di chi può contare sull’aiuto di parenti, amici e vicini esprime un giudizio positivo per la propria vita, e il 42,9% di chi frequenta amici si dichiara molto soddisfatto.
Il ruolo dell’appartenenza a una rete sociale è decisivo anche nella ricerca del lavoro: “quasi il 90% delle persone intervistate ha fatto qualche azione di ricerca di lavoro su reti informali”, tramite parenti e amici. Il ricorso alle reti informali è più frequente tra gli intervistati con titolo di studio basso, età elevata e residenti nelle regioni meridionali”, ma “quando l’inserimento lavorativo avviene dopo la segnalazione di famigliari o amici, l’impiego è caratterizzato da retribuzioni più basse e si rivela meno stabile, appagante e coerente con il percorso di studi concluso”.
Reti d’impresa
Sulla scorta del “modello tedesco”, le industrie italiane sono sempre più abili nello sfruttare le reti per la diffusione di tecnologie e know how all’interno dei sistemi produttivi.
Dal confronto fra Italia e Germania, condotto dall’Istituto di Statistica, emerge che numero e caratteristiche dei legami intersettoriali a disposizione delle aziende, pongono le due nazioni allo stesso livello per relazioni attivate: 36,2% in Germania e 36,2% in Italia. La struttura di scambi in Italia è, però, ancora frammentata e tende a escludere i settori più avanzati. I centri decisionali sono concentrati soprattutto nelle regioni del Nord-Est, ma si registrano stabili rapporti di collaborazione anche tra le imprese del Mezzogiorno. Il rafforzarsi dei legami di impresa, sottolinea Alleva, sta influendo positivamente sulla produttività del lavoro.
In crescita, ma ancora poco sviluppate le forme di cooperazione finalizzate alla ricerca e all’innovazione: la definizione di accordi con Università o Centri di ricerca coinvolge più le grandi imprese e molto meno le imprese di piccole o medie dimensioni.
Fra i partecipanti al programma di ricerca della Commissione europea Horizon 2020, che promuove la collaborazione tra consorzi di ricerca, istituzioni e imprese europee, spiccano molte aziende e università italiane. Anche questa rete di integrazione europea è da considerarsi come un importante fattore di successo, su cui l’Italia dovrà continuare a puntare in futuro.[:]