L’era dell’economia felice

Il benessere prodotto dall’economia non è solo materiale

Si chiama generatività, ed è la nuova frontiera verso un’economia del benessere, non solo materiale

L’idea che la felicità coincida con la sola crescita economica è storia passata. L’ homo oeconomicus, è un “folle razionale”, perché non possiede virtù fondamentali per il raggiungimento del vero benessere. Sostenibilità, fiducia, partecipazione, sviluppo, generatività, bene comune. Sono alcune delle parole chiave di una nuova accezione dell’economia, l’economia civile. Un’economia diversa, che prova davvero a mettere al centro non più e non solo i numeri, ma anche il tasso di miglioramento della nostra vita che lo sviluppo riesce a generare.

È un’economia che punta alla collaborazione e alla fiducia, che vede come unica operazione possibile quella dell’“uno con uno uguale tre”: una cooperazione tra persone e stati per creare un valore aggiunto che non si sarebbe creato in caso di azione isolata.

L’economia del futuro non ha più come obiettivo unico il massimo profitto. “Senza una motivazione alta che guarda anche a impatto sociale e ambientale, nessuna azienda può prosperare perché rischia di entrare in conflitto con i principali portatori d’interesse: lavoratori, clienti, comunità locali”. A dirlo è il fondatore e Ceo di BlackRock, Larry Fink che, con il maggiore fondo d’investimento mondiale da 6mila miliardi di dollari, di crescita economica certo se ne intende. BlackRock ha scelto di dare spazio alle aziende più ambiziose, che guardano all’impatto sociale e ambientale oltre che al profitto, perché pensa che fare il contrario esporrebbe i soldi dei suoi clienti a rischi non trascurabili.

La sola crescita economica dunque, seppur necessaria, non è sufficiente al raggiungimento del benessere. La felicità dipende da condizioni personali che aumentano le nostre potenzialità e capacità di fare, quali reddito, salute ed istruzione; da condizioni territoriali che rendono possibile la nostra libera iniziativa, come assenza di corruzione, qualità delle amministrazioni, libertà d’impresa; e da un “ultimo miglio” che è fatto dalla nostra personale capacità di attivarci, mettere in campo azioni e comportamenti che aumentano la soddisfazione di vita di qualcun altro.

Si chiama generatività. L’individuo che vive nel Paese più civile del mondo e che ha reddito, salute e istruzione, ma resta tutto il giorno sdraiato sul divano non è felice perché non è generativo. L’ultimo miglio della felicità, dopo che le condizioni di contorno ci hanno aiutato, passa per la nostra “messa in moto” che ci trasforma in compagni, genitori, imprenditori, volontari, professionisti, filantropi. Si può essere generativi, creando o partecipando alla vita di un’impresa, un’organizzazione a movente ideale, creando relazioni ed affetti, partecipando attivamente alla vita civica e politica del proprio paese o della propria città.