Gaming a difesa delle libertà

Il mondo del gaming apre le sue porte all’attivismo. Nati con l’obiettivo di offrire ai giocatori momenti di spensierata evasione dalla realtà, oggi i videogiochi assumono sempre più spesso il ruolo di piazze pubbliche, in cui creatori e fruitori esprimono idee, raccontano storie, denunciano ingiustizie, affermano diritti, trasportando i giocatori in luoghi virtuali di immersione e riflessione su tematiche di grande peso sociale e culturale.

Animal Crossing: New Horizons, uno dei più grandi successi commerciali del 2020 videoludico, è un life simulator, un gioco incentrato sulla creazione di una routine di attività e interazioni. Una volta approdato su un’isola deserta, il giocatore può trasformarla a suo piacimento, realizzando esercizi commerciali e luoghi di ritrovo, piantando alberi e andando a pesca, creando oggetti, poster e ritratti dalle trame più disparate. Non sorprende che sia diventato tra gli strumenti di protesta più usati dai cittadini di Hong Kong, che da anni lottano contro l’oppressiva ingerenza del regime cinese sulla regione.  Joshua Wong, il principale volto della protesta hongkonghina, ha pensato bene di decorare la sua isola con uno striscione che recita “Free Hong Kong – Revolution Now”. Tanti altri utenti lo hanno seguito e si sono serviti di Animal Crossing per far sentire la loro voce, con slogan di protesta e raduni pro-democrazia. Ma non si tratta dell’unico videogames al servizio della protesta di Hong Kong. Pokemon Go è un alibi molto diffuso per aggirare i controlli della polizia. I manifestanti giustificano i raduni pubblici vietati dalla legge dichiarando di essere impegnati nel gioco: con l’introduzione della modalità raid, infatti, per catturare i Pokémon è necessario che gli allenatori si trovino nello stesso luogo e attacchino tutti insieme.

L’universo del gaming ha di recente aperto una faglia di libertà attraverso il muro della censura, per difendere il diritto ad informare e ad essere informati. Grazie ad un’iniziativa di Reporters Without Borders, i 145 milioni di visitatori che si connettono ogni mese sulla piattaforma del videogame Minecraft, hanno la possibilità di accedere ad una gigantesca biblioteca in stile neoclassico, “The Uncensored Library”. L’enorme libreria virtuale contiene più di 200 articoli scritti da giornalisti famosi e banditi dai regimi oppressivi perché a favore della lotta ai diritti umani, alla democrazia e alla libertà di stampa, provenienti da Egitto, Messico, Russia, Arabia Saudita e Vietnam.

La biblioteca può essere scaricata o esplorata online usando la Java Edition del videogioco. Tra gli articoli disponibili negli scaffali virtuali della biblioteca, in lingua originale e in inglese, quelli di Jamal Khashoggi, editorialista del Washington Post ucciso nel consolato arabo di Istanbul nel 2018, quelli di Javier Valdez, reporter messicano fondatore di un quotidiano d’inchiesta sulla corruzione assassinato nel 2017, quelli di grani.ru, sito russo bloccato dal 2014, quelli di Mada Masr, portale di notizie egiziano bloccato dal 2017. Si tratta di articoli che non sono accessibili nei loro Paesi di origine, ma che possono essere facilmente consultati da chiunque abbia accesso a Minecraft, anche negli stessi stati oggetti di censura.

Superando le barriere degli stereotipi che per lungo tempo li hanno accompagnati, i videogame hanno lasciato la dimensione del mero intrattenimento, per diventare una potente forma di veicolazione sociale, culturale ed educativa del pensiero umano, a difesa delle libertà.